a cura di Giovanni Di Bella e Giacomo Fiori
La chiesa contigua al monastero sorge sul medesimo sito della medievale chiesetta della SS. Trinità.
La sua presenza e quella dell’annesso “Hospitalis”, entrambi con la medesima dedicazione, è già attestata alla metà del XIV secolo.
La chiesa venne utilizzata dai Disciplini di Santa Marta come sede della loro confraternita dal 1480 al 1650, anno in cui la lasciarono al monastero ottenendo in cambio dai fabbricieri della comunità la chiesa di Santa Maria di Loreto (poi per questo motivo detta anche di Santa Marta).
Le vicende costruttive posteriori all’insediamento del monastero, che hanno determinato i caratteri attualmente visibili, abbracciano un arco di più di due secoli (1653-1857]: la chiesa venne innanzitutto trasformata mediante una suddivisione.
La parte occidentale venne destinata al pubblico mentre quella orientale fu riservata alla clausura.
Dei lavori di trasformazione dell’antica chiesa, soprattutto di abbellimento (1668) ma anche degli interventi sulle strutture (un’autorizzazione al restauro fu concessa dalla Curia milanese nel 1677), si conservano numerosi documenti e disegni della seconda metà del secolo XVII.
Si tratta tuttavia di modifiche delle quali non è più possibile riscontrare traccia significativa dopo i rifacimenti ottocenteschi.
L’erezione della facciata è da mettere in relazione all’iniziale progetto di Filippo Cagnola, architetto dei Borromeo, cui fa esplicito riferimento un contratto d’appalto del 1718 che ne affidava l’esecuzione al capomastro G.B. Botta.
Nell’attuale prospetto è possibile riscontrare solo in parte elementi riconducibili allo schizzo e al gusto del Cagnola. Il portale, ad esempio, mantiene la forma rettangolare ed è sormontato da un architrave lapideo sostenuto da mensole.
Elementi di novità sono invece costituiti da paraste, in granito rosa di Baveno, alle due estremità del fronte, sormontate da semicapitelli compositi [in pietra di Arona) e dalla finestra semicircolare sotto il timpano triangolare di evidente gusto classico.
Un affresco del pittore Luigi Morgari (attivo ad Arona nei primi decenni del Novecento), delimitato da una modanatura in rilievo, rappresenta la Visitazione della Vergine. Un piccolo campanile è impostato sull’angolo di sud-est della chiesa interna.
L’interno è a pianta rettangolare con volta a botte, presenta un’unica navata in fondo alla quale si trova l’altare maggiore; dietro a questo si osserva la pala del pittore Gaudenzio Magistrini (Bologna 1820 – Arona 1871), aronese d’adozione, che rappresenta la Visita della Vergine a Santa Elisabetta (da non confondere con quella del medesimo soggetto descritta, forse dall’arciprete Tirinnanzi, tra la fine del XVIlI e gli inizi del XIX secolo).
Sotto lo stesso altare si conservano dalla parte della chiesa interna, le reliquie di Santa Giulia (donate dalla contessa Giulia Borromeo nel 1704) e di Santa Vittoria (portate da Roma nel 1847).
Sopra gli altari delle due cappelle laterali si trovano, a sinistra la tela raffigurante Sant’Agostino e Santa Giovanna Francesca di Chantal che adorano il Sacro Cuore; a destra San Francesco di Sales e la Santa anzidetta, adoranti la Trinità.
Entrambi le opere sono di fine Settecento. Le statue in marmo bianco di Carrara poste dentro nicchie sulle pareti laterali rappresentano, a sinistra, San Francesco di Sales in abiti pontificali e, a destra, Santa Giovanna Francesca di Chantal.
I due bassorilievi sovrastanti riproducono episodi della vita dei Santi fondatori dell’Ordine. Autore del complesso scultoreo e delle statue è il Somaini.
La decorazione della volta a chiaroscuro e a motivi floreali in riquadri (detta “a lacunari”), eseguita nel 1842, è molto simile a quella della sala consiliare del Comune di Arona, utilizzata come cappella ancora alla metà dell’Ottocento.
I quadretti della Via Crucis sono opera dell’artista Carlo Bini, nato ad Intra nel 1873 ma aronese d’adozione.
La chiesa venne riconsacrata nel 1844 da monsignor Gentile, vescovo di Novara, come attesta la lapide in marmo nero nella parete laterale destra del presbiterio; dalla parte opposta un’altra lastra, sopra la porta della sacrestia, ricorda l’arciprete Graziano Ponzone morto nel 1652 e sepolto nella stessa chiesa.
Le origini del monastero sono legate alla venuta ad Arona di donna Virginia Aleardi e di un gruppo di sei religiose (1645), ospitate inizialmente nella casa paterna dell’arciprete Ponzone che fin dalla sua nomina a tale carica (1629) si era adoperato con incessante zelo presso il cardinal Monti e il conte Carlo Borromeo per la fondazione di un monastero di clausura.
Considerata l’angustia della loro prima dimora e il disagio di doversi recare per le funzioni nella chiesa di Santa Maria, donna Virginia ottenne (1647) dalla famiglia Borromeo di poter utilizzare, come sede provvisoria, il piccolo monastero di San Bernardino, contiguo al palazzo del conte che l’aveva acquistato qualche anno prima dai Padri Riformati.
Nonostante la vicinanza con la chiesa della Trinità le religiose non potevano tuttavia disporne essendo ancora questa officiata dai Confratelli di Santa Marta.
Tre anni dopo (1650), come si è già detto, i confratelli cedettero la chiesa alla nuova comunità religiosa che, abbandonando l’abito delle cappuccine, abbracciò le regole dell’ordine della Visitazione (1657).
Artefice ne era stata la contessa Isabella d’Adda che, ormai vedova del conte Carlo, entrò come novizia nel convento.
Nei tre secoli e mezzo della sua storia molti sono stati gli eventi politici e militari che hanno coinvolto il monastero.
Oltre ai danni subiti a causa dell’esplosione del magazzino delle polveri sulla Rocca (1674 e 1689), si ricorda l’avventuroso ma temporaneo abbandono della sede (1706) via lago, durante la guerra di successione spagnola, e la scampata soppressione in seguito ai decreti napoleonici (1810).
Il monastero venne inoltre risparmiato dalla legge del Regno di Piemonte che aboliva gli ordini religiosi incamerandone i beni (1855).
Determinante si rivelò in questa circostanza l’intervento del conte Cavour, sollecitato dall’abate Antonio Rosmini e dal marchese Giuseppe Arconati di Milano.
Nel 1866 tuttavia il monastero non poté sfuggire ad una nuova legge del Regno d’Italia che ne decretava la soppressione e la confisca dei beni.
Ceduto molti anni dopo al Municipio di Arona con la prescrizione di non procurare molestie alle religiose, esso venne definitivamente riacquistato dall’Ordine per interessamento del vescovo di Novara monsignor Pulciano e del padre spirituale monsignor Torelli (1900).
I primi documenti relativi al progetto di costruzione del nuovo complesso monastico risalgono al 1648: si tratta di un particolareggiato “Dissegno delle case e siti dove si farà il Monastero di monache di clausura”, eseguito da Bartolomeo Tiberino e sottoposto all’esame dell’ingegner Carlo Buzzi.
Le fasi costruttive si sono protratte nel tempo in seguito a progressivi ampliamenti del monastero. La fabbrica era già alquanto avanzata nel 1653 ma non ancora ultimata l’anno della fondazione dell’ordine della Visitazione (1657); la contessa Isabella destinò pertanto 1000 lire per il completamento della costruzione e 2000 lire per l’acquisto di una casa adiacente per un’ulteriore espansione.
L’intero complesso monastico si sviluppa attorno al cortile quadrato che ha ai lati le celle delle suore e, nella parte meridionale, la sala delle “Radunanze” e il refettorio.
Ad oriente della chiesa si apre la grande corte rustica, affiancata sul lato meridionale dal giardinetto.
Nella sala anzidetta sono conservati un disegno particolareggiato del monastero, datato 1771, e in una teca il Crocifisso donato alle religiose dal Ponzone.
Lo storico Medoni accenna ad interventi di rimodernamento alla metà del XIX secolo, su disegno dell’architetto milanese Moraglia.
Purtroppo le regole di clausura impediscono la visita dell’edificio che custodisce numerose e pregevoli opere d’arte, descritte e documentate sul catalogo “Arona sacra. L’epoca dei Borromeo” a cui si rimanda.
GALLERIA FOTOGRAFICA:
BIBLIOGRAFIA:
Percorsi storia e documenti artistici del novarese – volume 21 – Arona
Provincia di Novara 1998
Pagina aggiornata il 26/03/2024