Articolo di Ivana Teruggi
La chiesa sorge sull’abbaziale ottoniana annessa al monastero benedettino del Salvatore e dei Santi Gratiniano e Felino. A partire dal 1259 le fonti attestano anche la dedicazione ai Santi Fedele e Carpoforo. Della prima fase non restano tracce, se non un frammento con decori a intreccio, sporadicamente rinvenuto nell’area dell’antico cenobio, durante i lavori di ristrutturazione del Palazzo comunale. La ricostruzione in caratteri tardogotici lombardi fu intrapresa dall’abate commendatario Francesco Borromeo (1453-1484), figlio naturale di Vitaliano I, nel florido periodo artistico avviato in Arona dal fratello Filippo. Fu proseguita dal successore Francesco de Eustachis (1484-1487) e completata nel 1489 dall’abate pavese Gerolamo Calagrani (1487-1497), protonotario apostolico. Constava di un’aula quadrata, presbiterio e coro poligonale, caratterizzati da murature in blocchi di pietra squadrati, tuttora in opera. La lapide nella chiave della volta a ombrello del coro attesta il ritmo del cantiere. È un’iscrizione obituaria che ricorda la morte del Borromeo, probabilmente quando fu conclusa questa prima fase costruttiva:
D(ominus)ˑFRAN(ciscus)ˑ BONR(omeus)ˑDOCTORˑABBASˑQUIˑOBIITˑDIEˑ13ˑJAN(uarii)ˑ1484ˑ†
Le fonti citano una seconda lapide, fino al 1720 ubicata nella volta sopra l’altare maggiore, poi tolta in occasione dei restauri e perduta. L’iscrizione attesta che grazie al commendatario Francesco de Eustachis sarebbe stata realizzata la seconda fase del cantiere riguardante il presbiterio:
Per Dominum Franciscum Eustachium Doctorem anno 1487.
Il Calagrani avrebbe poi completato gli arredi. Dopo di che sarebbe stata aggiunta l’aula quadrata la cui copertura a vela porta la data 1506 incisa sull’intonaco dell’estradosso: era abate del monastero Giovanni Antonio Ferreri di Masserano ( 1497-1512).
Con l’avvento della Compagnia di Gesù (1572), la chiesa gradualmente acquisì un’immagine barocca di tipo gesuitico: ai lati dell’aula furono costruite le prime due cappelle dopo che il 13 marzo 1576 furono riportati ad Arona i resti di San Fedele, che i Gesuiti, consenziente l’arcivescovo Carlo Borromeo, avevano trasferito a Milano nella loro nuova chiesa. La ricorrenza diede origine alla festa del “Tredicino”, che annualmente si ripete.
Dopo la ricognizione delle reliquie nel 1709, per l’ accresciuta affluenza dei devoti, il 25 settembre 1720 i Gesuiti ottennero dalla curia milanese l’autorizzazione all’ampliamento della chiesa. Il corpo di navata fu prolungato di una campata con altre due cappelle laterali, che con le precedenti, secondo un modello gesuitico, alternavano spazi destinati ai confessionali. Il cantiere si concluse con la scenografica facciata che dal lago orienta e caratterizza il centro urbano. Tra il 1850 e il 1852 i pittori Giacomo Zerbino di Biella e l’aronese Gaudenzio Magistrini (Bologna 1820- Arona 1871) rimaneggiarono l’interno in stile neogotico secondo il gusto dell’epoca, con l’intento di ripristinare la perduta coerenza stilistica del nucleo tardo quattrocentesco.
PRESBITERIO
Di pregio è l’altare maggiore modellato tra il 1488-1489 dallo scultore Policleto Luoni e rielaborato nell’Ottocento. La bottega era attiva a Milano nella Veneranda Fabbrica del Duomo e non era nuova ad Arona. Il padre Cristoforo nel 1450 aveva scolpito per la famiglia Canobio un dossale d’altare cuspidato con la Madonna e il Bambino: un manufatto di pregio perché datato, firmato dall’artista e con il nome del committente, probabilmente destinato a una delle chiese aronesi, ora conservato nel Palazzo comunale. Circa cinquant’anni dopo il figlio Policleto è di scena in San Graziano per l’allestimento della mensa dell’altare sotto il quale sarebbero stati riposti i Sacri Corpi. Il paliotto è ritmato da preziose lesene in serpentino verde, con decori a candelabra lumeggiati in foglia d’oro e dai due bassorilievi con i Santi Martiri sulle ali laterali, improntati ai modi ferraresi caratterizzanti l’ambito tardogotico lombardo. Una lunga epigrafe sulle due lastre frontali in marmo bianco ricorda le vicende delle reliquie dei santi Graziano e Felino, soldati perugini martirizzati sotto l’imperatore Decio, donate ad Arona (dal conte Amizzone del Seprio) quando era imperatore Ottone II e nel 1489 deposte sotto il nuovo altare a spese del commendatario Calagrani, mentre era papa Innocenzo VIII, duca di Milano Giovanni Galeazzo Sforza Visconti e conti di Arona erano Giovanni e Vitaliano Borromeo. Estratte il 24 gennaio 1709 dai padri Gesuiti, furono poi riposte in due urne di cristallo, nella minore poche ossa per essere più facilmente esposte alla pubblica venerazione (alcune delle quali nel 1713 furono poi traslate a Perugia) e nella maggiore tutto il resto ricollocato nell’altare.
Di notevole pregio è la pala con la Madonna in trono e i Santi (1488 ca.) di Ambrogio da Fossano detto il Bergognone, che troneggia nel coro. Presenta alla sinistra della Vergine i quattro Santi Martiri e alla destra i Padri della chiesa con il committente Gerolamo Calagrani inginocchiato. Il pannello soprastante con gli Angeli è del XIX secolo. Alla parete sinistra del presbiterio è murata la lapide marmorea commemorativa dell’aronese Bartolomeo Pertossi, benefattore della chiesa nel 1817, eseguita su disegno di Alessandro Antonelli. Sul lato opposto un’iscrizione ricorda gli interventi ottocenteschi.
CAPPELLE
– Prima a destra – Dedicata a San Francesco Saverio; sull’altare tela ottocentesca con San Francesco Saverio che predica agli indiani e i Santi Ignazio e Luigi Gonzaga di Gaudenzio Magistrini.
– Seconda a destra – Dedicata già a Sant’Antonio, poi alla Vergine delle grazie e a San Luigi, infine, nell’Ottocento, al Crocefisso. Sull’altare, tela di Battista Fino (1852) e teca reliquiario dei Santi Fedele e Carpoforo, il 13 marzo, traslata in processione per le vie cittadine. Nei pressi, sepolcro dei padri gesuiti.
– Prima a sinistra – Dedicata a Sant’Ignazio, poi alla Natività e nell’Ottocento al Sacro Cuore.
– Seconda a sinistra – Dedicata al Crocefisso e ai Santi Carpoforo e Fedele (1576), nel XIX secolo a San Carlo; sull’altare teca con reliquie del grande Santo aronese e tela di Jacopo Negretti detto Palma il Giovane. Nella finestra, resti delle vetrate policrome con i Martiri Graziano e Felino e la Natività, già nel coro, commissionate nel 1502 dal monaco Ilario. Nei pressi, sepolcro delle monache della Purificazione.
BIBLIOGRAFIA:
F. ZACCARIA, De Santi Martiri Fedele, Carpoforo, Gratiniano, et Felino, Milano 1750; Arona Sacra, Catalogo della mostra a cura di Giovanni Romano, con saggi di Angelo Dalerba, Daniela Fea Biancolini, Guido Gentile, don Mario Ingegnoli, Paola Loiacono Astrua, Giovanni Romano, Carlenrica Spantigati, Arona 1977; La riscoperta dell’Abbazia benedettina di Arona, a cura di A. Alganon, G. Di Bella, G. Fiori, L. Galli, C. Manni, F. Pirovano, I. Teruggi, A. Zonca, in P. FRIGERIO (a cura di) Arona porta da entrare in Lombardia…tra Medioevo ed età moderna, Atti del IX Convito dei Verbanisti, Arona 28 maggio 1995, Intra 1998; I. TERUGGI, La chiesa dei Santi Martiri (o San Graziano) e l’Abbazia, scheda in Percorsi. Storia e documenti artistici del Novarese. Arona, 21, Novara 1998; A. ALGANON, I. TERUGGI, Monumenta, in C. MANNI (a cura di), Arona nella storia, Novara 2001.
Pagina aggiornata il 20/03/2024