Sacro monte di San Carlo e colosso

Cartellonistica realizzata ad opera del G.A.S.M.A (Gruppo archeologico storico mineralogico aronese) e del Lions Clubs International ARONA STRESA LIONS CLUB - approfondimento

Articolo di Antonio Zonca


L’idea di edificare un Sacro Monte per ricordare la vita e le opere di Carlo Borromeo appare attorno al 1613, nelle missive che l’oblato Marc’Aurelio Grattarola – che a Roma si era prodigato per la canonizzazione di San Carlo – riceve da diversi personaggi.
Lo stesso Grattarola parla dell’idea della costruzione del Sacro Monte, dopo aver confidato di una persona che visitando la camera natale di San Carlo, allora situata nella Rocca, pensò che tale luogo dovesse essere visitato dai fedeli devoti al grande Santo.
Gli venne così in mente di rappresentarne la vita con cappelle a somiglianza del Sacro Monte di Varallo e tale pensiero fu approvato da molti,ma la Rocca era un presidio militare e i fedeli non potevano accedervi. Il Grattarola propose quindi l’attuale posizione.
Non sappiamo se la cessione dei terreni fosse in tutto o in parte volontaria, ma sappiamo, da quanto riportato nei fogli dell’Origine del Monte, conservato nell’archivio parrocchiale di Arona, da chi furono acquistati.
Fu nella primavera del 1614 che iniziarono i lavori: il 5 maggio padre Grattarola posò la prima pietra dell’oratorio provvisorio.
Questo oratorio provvisorio era situato, con molta probabilità, sull’attuale piazzale nella zona prospiciente l’ingresso principale del Collegio De Filippi. Successivamente fu adibito a magazzino, sino alla sua demolizione, avvenuta durante uno degli ampliamenti dell’allora seminario.
I lavori procedevano speditamente e, dopo la costruzione dell’oratorio provvisorio, si eseguì lo scavo per le fondamenta della nuova chiesa, si preparò una gran quantità di materiale, si scavò un canale per condurre l’acqua dai boschi vicini e venne costruita la strada “per salir il Monte dalla parte del lago”.
Tutto era pronto per la posa della prima pietra: la fastosa cerimonia, presieduta dal cardinal Federico Borromeo, avvenne il 13 luglio 1614. I periodi successivi non furono però cosi felici: guerre, epidemie, carestie e alcuni incidenti, che si verificarono durante i lavori di costruzione della chiesa, fecero dimenticare quella speciale giornata.
Il 2 agosto 1615 padre Grattarola morì. Fu sepolto davanti all’altar maggiore di quella chiesa che aveva ideato e per cui tanto lottò per la sua costruzione.
Nessun segno fu posto sopra la tomba dell’oblato, ma tanta era la devozione alla sua memoria che ben ventiquattro anni dopo la sua morte, nel 1643, fu incaricato lo scalpellino Giacomo Buono o Bono di Campo Santo in Milano di scolpire una lapide come si apprende da una ricevuta, giacente nell’archivio parrocchiale di Arona.
Dopo la morte del Grattarola ci fu un momento di comprensibile sbandamento: gli succedette prima un nipote, poi una serie di personaggi. Finalmente, nel 1620, le redini del Sacro Monte furono, dal Card. Federico, affidate al padre Cappuccino Benedetto Avogadro. Costui, malgrado l’opposizione del suo ordine, diede un nuovo forte sviluppo all’opera.
Padre Benedetto era molto impegnato nella predicazione e questua in Lombardia e Piemonte, per questo delegò un suo uomo di fiducia Gabriele o Gabriello Nasari, un fabbro, a dirigere il cantiere.
Gabriello darà successivamente alcuni grattacapi al padre Benedetto.
Il 19 ottobre 1624, l’Avogadro moriva nel convento della Concezione di Milano. Ma già il primo giugno di quell’anno il card. Federico nominava una commissione di 12 ecclesiastici per l’amministrazione del Sacro Monte. Tale commissione era troppo farraginosa, tanto che, il 13 novembre 1625, veniva sciolta e la gestione conferita ai Conservatori della Biblioteca Ambrosiana. Questi ultimi nominarono, il 12 marzo 1626, un consiglio di sette membri: quattro ecclesiastici, tra cui l’arciprete di Arona e il prefetto del Sacro Monte, e tre laici.
Tra i principali interventi ci fu, nel 1627, quello di terminare il tetto della chiesa con l’acquisto di ben cinquemiladuecento coppi dalla fornace di Ranco.
Un nuovo impulso all’opera avvenne, con la nomina nel 1629, fortemente voluta dal card. Federico, di Graziano Ponzone a parroco di Arona.
La chiesa si abbelliva e si arricchiva di paramenti, arredi e opere varie. Così nel 1786 la vide l’arcivescovo Filippo Visconti, durante la sua visita: con tre altari, il maggiore con «Icone Imaginem S. Caroli egregij pennicilli», a cui si saliva per mezzo di tre scalini; a tergo si trovava la cappella quadrata con la camera natale del Santo. A sinistra dell’ingresso c’era un altare dedicato alla B.V.M. con un’icona raffigurante la deposizione di Gesù Cristo dalla croce. All’altare posto nell’altra cappella non si celebrava.
Nel 1817, in seguito alla rettifica dei confini, passava dalla diocesi di Milano a quella di Novara. Pochi anni dopo, nel 1821 il card. Morozzo, vescovo di Novara, effettuando la visita pastorale così descriveva la chiesa: l’altare maggiore con il dipinto raffigurante san Carlo e con il sepolcro del padre Grattarola,
l’altare del Crocifisso dal lato dell’epistola mentre dall’altro lato si trova quello dedicato alla B. Virginis secundum legem purificata, con un dipinto sopra la mensa dell’altare. E’ in legno, munito di pietra sacra e con un gradino per i candelieri.
Dalla parte del Vangelo si trova il pulpito in legno elegantemente elaborato, oltre a ciò vi sono due confessionali.
Inoltre descriveva due sepolcri, uno per i Prefetti del seminario, l’altro per gli alunni che si trovavano all’ingresso del corridoio attorno alla cappella della camera di san Carlo. I due altari laterali sono scomparsi, alcuni ricordano la distruzione degli stessi nei primi anni settanta del ventesimo secolo.

Pagina aggiornata il 20/03/2024

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