Per distinguerla dal “Colosso” del Sacro Monte, gli aronesi chiamano “San Carlino” la statua ubicata in angolo tra corso Cavour e via Bottelli.
Si tratta di una buona copia a pantografo, in legno di noce nazionale, realizzata nel 1966 dallo scultore Gianni Barbaglia di Invorio, quando la Soprintendenza torinese decide di conservare nell’aula consigliare del comune l’originale restaurato (1965-1966), in legno di pero, da trecento anni esposto alle intemperie.
Se il Colosso rappresenta san Carlo come “Riformatore della Chiesa”, questo manufatto lo interpreta come “Padre dei Poveri”, nell’atto di benedire, accogliere e intercedere per il popolo. Il recupero dei particolari più minuti da parte del restauratore Antonio De Silvestri (1898-1983), coadiuvato da Paolo Villa, esalta la figura ritta su una nube trapuntata di sereni cherubi. Il Santo indossa la mozzetta bordata di pizzi e il rocchetto cardinalizio a doppi bottoni, ha il volto sorridente, attento e il capo ornato di aureola. Un’elegante movenza scompone le fitte pieghe della veste, rivelando la torsione del corpo e il ginocchio che affiora.
Mancando di documentazione, su base stilistica l’opera certamente è da ritenersi uscita dall’importante bottega aronese dell’intagliatore Bartolomeo Tiberino (1584?-1654), attiva nel XVII secolo. Gli studiosi locali dell’Ottocento la datano chi al 1630, riferendola alla nota pestilenza, chi al 1650, legandola all’intitolazione al Santo del tratto di via antistante, che comunque alla fine del secolo nelle fonti è ancora denominato “contrada di S. Cristoforo”.
L’esemplare in copia è stato restaurato negli anni settanta del Novecento e ancora nel 2005 e nel 2020 grazie agli Amici del Centro Storico.
GALLERIA FOTOGRAFICA:
L’originale conservata presso il Palazzo comunale
Dettaglio del piedistallo
Pagina aggiornata il 04/04/2024
